Marco Raffone è un talentuoso chitarrista cisternese.
Riconosciuto come uno dei migliori talenti musicali della zona, ha imbracciato
la chitarra per la prima volta all’età di tredici anni. Incomincia a studiare
lo strumento da autodidatta. Raggiunta la maggiore età approfondisce la sua
preparazione affidandosi agli insegnamenti di Marco Biniero, insegnante all’accademia
“Saint Louis” di Roma. Dopo aver compiuto vent’anni si iscrive alla
“Percentomusica”, cominciando così a prendere lezioni dal famoso Umberto Fiorentino.
Successivamente si iscrive alla “Music Academy 2000” di Bologna, dove riesce a
superare brillantemente il test d’ingresso, iniziando a seguire i corsi
direttamente dal quarto anno. In un solo anno di studi si diploma. Proprio in
questa scuola prende lezioni dal grande Massimo Varini, uno dei più migliori
chitarristi italiani. Oggi insegna chitarra a tanti ragazzi, cercando sempre di
trasmettere tutto il suo amore e la sua passione per lo strumento. Si è
raccontato ai microfoni del "Portale Musicale" con grande umiltà, parlando del suo
rapporto con ciò che ama di più della vita: la musica.
Quando hai capito che
“fare musica” poteva diventare un mestiere?
Non saprei rispondere
con precisione a questa domanda. Ho voluto, però, che la musica facesse parte
della mia vita sin dalla prima volta che ho preso una chitarra in mano. La cosa
importante che serve per fare questo mestiere è la tenacia. Bisogna continuare
a credere nel proprio sogno senza curarsi troppo del giudizio degli altri. Ho
provato altri lavori ma niente... credo di essere in grado di fare solo questo!
Si tratta di un’attività che svolgo senza particolari sforzi. Amo il mio
mestiere e amo le emozioni che mi dà suonare. Inoltre, la musica ti da la
possibilità di metterti in gioco ogni volta. Questo può servirti da stimolo per
fare sempre meglio e per superare i tuoi limiti.
Cosa ti piace di più
della musica?
Tutto. Anche accordare
la chitarra può essere un’attività bellissima. Non riesco a immaginare la mia
vita senza musica. Per me è la forma d’arte più espressiva e diretta che ci
sia.
Ti ho ascoltato in
diverse situazioni musicali. Vedo che ti piace suonare sia con la chitarra
elettrica che con l’acustica. Ma quale delle due preferisci usare?
Non è che preferisco
l’una o l’altra. Diciamo che le suono con un approccio diverso. Si potrebbe
anche dire che la situazione musicale nella quale mi trovo meglio è quella che
ho con i “Dathura”. In questa band uso principalmente l’elettrica. Infatti,
nelle canzoni che facciamo e che eseguiamo dal vivo, la chitarra ricopre un
ruolo centrale. Ovviamente, la cosa più importante per me è mettere in risalto
la voce. La chitarra non deve coprire il cantante, ma sostenerlo nel modo
migliore possibile. Per ottenere questo risultato mi dedico molto all’arrangiamento
dei brani. Quest’ultimo aspetto è uno di quelli che preferisco del mio mestiere.
Ascoltando molti chitarristi acustici ho trovato grandi vantaggi
nell’arrangiamento delle canzoni. Spesso mi trovo a dover costruire un
arrangiamento su una sola chitarra acustica. Ciò mi ha permesso di ampliare le
mie vedute relativamente alla costruzione del brano che poi vado a riproporre
dal vivo. Ho imparato tante cose che non mi sarei mai aspettato. Consiglio a
tutti questo percorso.
A proposito di
Dathura: vedo che il cantante di questa band collabora con te anche in altri
progetti. Potresti dirci se si tratta di una scelta voluta o dovuta al caso?
Assolutamente voluta.
Si chiama Roberto Bianchi ed è dotato di una delle più belle voci tra quelle che io abbia mai ascoltato. Suono con lui anche in un duo acustico noto con il
nome di “Assiduo”. Credo che il suo modo di cantare e il mio stile
chitarristico siano complementari. Oltre che essere un piacere… è un dovere
suonare con Roberto Bianchi!
Quali chitarristi hanno
influenzato di più il tuo stile?
Credo che il mio stile
sia ancora in costruzione. Comunque ogni musicista ha il suo modo speciale di
suonare. Ognuno ha il suo gusto e il suo particolare tocco. I chitarristi che
mi hanno influenzato sono: Jimi Hendrix, David Gilmour, Brian May, Eric
Clapton, Steve Vai, George Benson, Steve Lukather, Joe Satriani, Tommy
Emmanuel. Ce ne sarebbero ancora altri… ma non voglio dilungarmi troppo!
Domanda scomoda per
ogni musicista: si può vivere di musica al giorno d’oggi?
Dipende... non si può
vivere soltanto con le serate. Per fortuna la musica ti permette di
diversificare il tuo lavoro. Si può insegnare e diventare maestri di chitarra.
Attualmente il numero di miei allievi sta crescendo e questo mi rende felice. Inoltre, mi dedico anche all’arrangiamento e alla registrazione di brani
di diversi cantautori del territorio.
Con quali chitarre ti
esprimi al meglio?
Sicuramente la Fender
Stratocaster. Possiedo anche altre chitarre, tra cui una Telecaster del
cinquantadue… ma non mi danno quello che mi da la mia “strato”! Sento che
questa chitarra ha un’anima propria. La sento mia. Si tratta di un’emozione che
non saprei descriverti. Però il suono che esce dalla chitarra dipende poco
dalla chitarra stessa. Ciò che “crea” il suono è la mano del chitarrista. Il
tocco è determinante. Ho suonato per quattro anni senza pedali ed effetti. Così
ho imparato quanto il suono dipendesse dalla mia mano e non da altri fattori
esterni.
Ti piace viaggiare
per suonare in posti diversi?
Non mi accontento mai.
Suonerei ovunque. Con gli “Assiduo” siamo andati a suonare a Bologna. Presto
dovrei avere qualche data nel nord Italia con i “Trial”: un trio acustico
composto da me, Maria Francesca Bartolomucci e Riccardo Salvati. In sostanza,
mi piace parecchio viaggiare per suonare e vedere ogni volta posti diversi.
Ovviamente, amo Cisterna e suonare qui è sempre molto bello!
Hai mai pensato a
mettere su famiglia?
Non mi piace pensare
al futuro. Preferisco vivere giorno per giorno. Voglio continuare a studiare il
mio strumento e a perfezionarmi con esso. Credo, però, sia molto importante
sentirsi realizzati e in pace con se stessi. Anche se è sempre una buona cosa puntare
al meglio!
Suoni in altre band
oltre quelle sopra citate?
Certamente. Suono con
i BlackJack e con i Dangerous. La prima è una blues band composta da Antonello
Mancini (voce), Dario Carlesso (basso), Riccardo Salvati (tastiere), Simone
Mastrantonio (batteria). Il secondo gruppo è una rock band composta da Ilenia
Bianchi (voce), Ugo Cardinale (basso) e Simone Mastrantonio (batteria).
Vedo che molti tuoi
compagni di band sono anche tuoi buoni amici. Gente con cui ti vedi il sabato
sera. La consideri una cosa positiva o negativa?
Diciamo che è un’arma
a doppio taglio. Suonare con degli amici è sempre bello perché facilita
l’alchimia di band. Però, se tra amici si litiga come spesso capita, si
stravolgono anche gli equilibri di band.
Un'ultima domanda prima
di lasciarti ai tuoi impegni. Scrivi anche pezzi tuoi?
Si. Principalmente
brani strumentali. Ho iniziato tardi, però, a scriverli. Questo perché ho
sempre preferito la dimensione del gruppo a quella del solista.
Ti ringraziamo per la tua disponibilità. Spero che sentiremo ancora parlare di te. Buon lavoro e in bocca al lupo per tutto!
Grazie Simone. Un
saluto a tutti i lettori del "Portale Musicale". A presto!
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