Mi trovavo in un piccolo pub di Velletri con il solito pugno di amici,
inconsapevole che da lì a pochi minuti avrei ascoltato qualcosa che mi avrebbe
cambiato la serata. C’erano 2 ragazzi sul palco: un cantante ed un chitarrista
acustico. “Il solito duo acustico del cazzo!” Esclamò un mio amico poco
leggiadro con le parole, ma chiaro di idee. Parte il primo pezzo, il
chitarrista incomincia a battere sulla chitarra come fosse una batteria, unisce
al suono della batteria precedentemente registrato il basso e poi la chitarra
stessa. Qualcosa di sconvolgente per me! Sembrava di ascoltare un’intera band
dal vivo! Parte il cantante: voce inusuale, estesissima, potente, precisa ed
emozionante. Sembravano possedere un’alchimia assurda che a parole non
riuscirei a spiegare. In due c’era l’energia di una band intera. Suonarono così
altre 25 canzoni per 2 ore e mezza di spettacolo. Rimasi talmente affascinato
da questo modo di suonare che non ci pensai due volte a chiedere un’intervista
al duo, finito il concerto. Dopo le prime presentazioni scopro che si chiamano
“Assiduo” e che il cantante si chiama Roberto Bianchi, mentre il chitarrista
risponde al nome di Marco Raffone.
Roberto Bianchi (voce) =
R
Marco Raffone (chitarra) = M
Perché vi fate chiamare “Assiduo”?
R : prima volevo raccontarti una simpatica
barzelletta. Lo sapevi? Non si può ottenere un bambino in un mese mettendo
incinta nove donne!
M : Sei un idiota! Che figura…
R : Dai veniamo a noi. Perché ci facciamo chiamare
così? Perché assiduo è sinonimo di frequente. Perché questo è un duo che c’è e
ci sarà sempre. Perché la parola assiduo , se scomposta in assi-duo, ci dà un
richiamo esplicito alla coppia d’assi, la coppia più alta del poker.
In quale ambiente preferite suonare?
M : Troviamo maggiore feeling con il pubblico nel
locale. Amiamo il contatto diretto con la gente. Però apprezziamo anche la
dimensione dei concerti negli spazi aperti.
Com’è nato il vostro sodalizio musicale?
R : Quasi per caso. Marco doveva fare una serata in
duo acustico con un altro ragazzo. Per motivi diversi quest’ultimo si tirò
indietro. Così mi chiamò per sostituirlo.
Domanda per Marco: cosa ti ha colpito della voce di
Roberto?
M : Sia il timbro vocale che le qualità che
dimostra nell’interpretazione delle canzoni.
Domanda per Roberto: cosa ti ha colpito del modo di suonare di Marco?
R : La facilità con la quale riesce a interpretare
i miei pensieri.
Da quanto tempo suonate insieme? Oltre agli “Assiduo”, lavorate insieme per altri progetti musicali?
M : Da circa tre anni. Da un anno, però, stiamo
lavorando per un gruppo costituito da 5 elementi chiamato Dathura. Si
tratta di una band nata per proporre al pubblico le nostre canzoni, suonate in
chiave pop-rock. In questa situazione musicale uso principalmente la chitarra
elettrica.
Domanda per Marco: dove hai imparato a suonare la chitarra acustica in questa maniera così originale?
M : Stavo dando un esame in un’accademia musicale di Bologna. C’era come esaminatore esterno Massimo Varini, il quale mi propose di andarlo ad ascoltare in concerto il giorno dopo. Accettai di buon grado e andai a sentirlo dal vivo. Se oggi suono con questo stile lo devo soltanto a quel concerto. Infatti Varini usò la chitarra acustica in maniera totalizzante; usandola anche come una batteria e/o un basso.
Domanda per Roberto: a quali cantanti ti ispiri?
R : Il mio mito assoluto è Stevie Wonder. Anche se, tra gli artisti
italiani, apprezzo molto Tiziano Ferro.
Domanda per Marco: a quali chitarristi ti ispiri?
M : La lista sarebbe lunghissima. Ma preferisco dirtene solo alcuni, quelli
più importanti. Per la chitarra elettrica: Hendrix, Gilmour, Steve Vai, Steve
Ray Vaughan, Satriani, Brian May, Ritchie Sambora. Per la chitarra acustica:
Tommy Emmanuel e Andy McKee.
Per proporre questo tipo di progetto di acustico, serve una strumentazione costosa? Vedo che fate un gran uso di effettistica particolare.
M : Non serve una strumentazione costosissima. Basta un microfono, una chitarra, pedali per loop e effetti vari.
Si nota una grande alchimia tra voi durante l’esecuzione di un brano. Sembra che la voce di Roberto e la chitarra di Marco siano complementari. Questo tipo di feeling esiste per un fortuito caso del destino o perché siete molto amici?
R : Direi per entrambe le cose. Il segreto è ascoltarsi a vicenda.
Il progetto “Assiduo” è a tempo determinato o indeterminato?
R : Sicuramente a tempo infinito.
M : Causa forze maggiori!
R : Adesso l’idiota sei tu!
Siete veramente due matti. Il fatto di essere un duo acustico , vi ha aiutato a trovare serate?
R : Sicuramente si. Essendo soltanto in due, il proprietario di un locale gode del risparmio conseguente al non pagare un’intera band composta da quattro o cinque persone.
Avete un repertorio molto vasto. Fate blues, dance, pop, rock. Suonare generi lontani tra loro è una scelta voluta o è dovuta al caso? Come curate gli arrangiamenti?
M : Una scelta voluta. Ci ha dato l’opportunità di crescere insieme suonando diversi stili. Curiamo gli arrangiamenti allo scopo di rendere vivo e potente ogni nostro pezzo. Non vogliamo far annoiare nessuno del pubblico. Dobbiamo trasmettere tutta la nostra energia.
Avete mai litigato?
M : Mai per cose serie. Le solite discussioni tra amici. In realtà , ci vogliamo un gran bene.
R : Marco Raffone mi ruba le donne!
M : Non son bello… piaccio. Arrenditi all’evidenza!
Raccontateci ancora qualche aneddoto. La vostra serata più bella?
R : Lo scorso inverno al Bibenda (pub di Velletri). Il locale era pieno. La gente si è alzata dai tavoli e si è messa a ballare. Un’emozione unica. Poi potrei raccontarti quando abbiamo suonato sotto la neve.
M : Ma se era al coperto…
R : Si, ma fuori c’era la neve!
Un ultima domanda! Cosa vi aspettate dal futuro?
R : Il nostro sogno è quello di fare un concerto in un teatro con tanti special guest. Questa estate, in una serata al “Pub Centrale” di Cisterna di Latina, abbiamo avuto come special guest Marco Biniero (occasione nella quale gli “Assiduo” sono diventati “Assitrio”). L’idea ci ha reso talmente felici che vogliamo portarla in teatro ma con altri 20 special guest.
Dopo gli ultimi saluti, Roberto si allontana mentre
Marco si avvicina al mio orecchio sussurandomi: “scrivi anche che considero la
voce di Roberto Bianchi la più bella che io abbia mai ascoltato”.